La disfatta di una coalizione ma non di un partito

0
717
views

La sconfitta del centro sinistra è stata dura in queste elezioni regionali in Sicilia e sicuramente le responsabilità sono da dividere tra tanti ma il risultato è netto: Musumeci Presidente (a cui auguro un buon lavoro e un ottimo rapporto con il mite Miccichè), il M5S dietro con l’amaro in bocca e medaglia di bronzo per Micari, ottima persona che ci ha messo la faccia e si è ritrovato in una coalizione con qualche lista debole che non ha dato la spinta tanto sperata per riproporre il vincente “modello Palermo”.

Flop della coalizione di centro sinistra ed il Partito Democratico siciliano?

Il PD ha mantenuto il colpo assordante e con il 13,023% (250.633) ha perso 7.000 voti (come dice Renzi quelli di Genovese junior dopo il passaggio del padre in Forza Italia) dalle elezioni regionali del 2012. Infatti nel 2012 il PD ottenne il 13,43% ben 257.274 voti.

Un partito che ha retto bene le dinamiche contorte che hanno portato ad un candidato presidente (Micari) anziché un altro (Grasso non solo non si è candidato ma ad una settimana prima delle votazioni è uscito dal PD, gesto fatto con un tempismo errato quasi da bersaniano della prima ora).

Altro dato da sottolineare è quello provinciale, infatti i candidati nella lista del PD in provincia di Agrigento hanno ottenuto 16.302 preferenze, nel 2012 invece 16.133, con una sfida avvincente tra Michele Catanzaro che ha ottenuto il seggio e Giovanni Panepinto.

Nel 2017 i voti di lista son stati 18.525, cioè il 10,669 %, e nel 2012, invece, erano stati 19.024 cioè il 10,815%.

Tutti dati che confermano un partito democratico che ha subito ma che ha anche parato i colpi ed è rimasto fermo sui territori.

Ad avvalorare questa visione non di disfatta del Partito Democratico con i dati regionali e provinciali, sulla stessa scia, a cascata, vi è anche la situazione di Menfi (dato sicuramente marginale) dove 395 son state le preferenze ottenute dai candidati del PD con 488 voti di lista a fronte delle 357 preferenze e 486 voti di lista del 2012.

Le varie testate giornalistiche che affondano il colpo nei confronti del Partito Democratico siciliano e di Renzi, sembrano dare sponda a chi propina la tesi che il risultato regionale in Sicilia “doveva” esser un dato per influenzare le prossime elezioni nazionali o meglio attaccare il Partito Democratico.

Dire che si è persa una competizione elettorale non significa che vi sia stato uno sfaldamento totale di un partito che mantiene le sue posizioni nei territori e le sue percentuali anche senza numerosi ex big che hanno fatto la scelta di aderire ad Articolo 1. (un esempio Angelo Capodicasa in provincia di Agrigento)

Una scelta di posizione, una scelta del 6,14 %!

Credo che, dopo le scissioni, dopo quanto detto da Pisapia, Bersani, Dalema, più che mai occorra ascoltare l’ultima dichiarazione di un padre nobile del PD, Walter Veltroni: “C’è il rischio, in questo processo di messa in discussione della democrazia in Europa, che la sinistra si divida, spacchi il capello in quattro e ci si odi gli uni con gli altri. Se c’è un momento in cui la sinistra avrebbe il dovere di comporre le diversità è in questo momento. Fare ora una campagna elettorale in polemica è aprire un’autostrada alla destra. Sono divisioni irresponsabili in questo momento storico”.

Credo che Renzi già stia lavorando ad un partito ancora più inclusivo e non esclusivo “ad poltronam” per non lasciare il passo alle destre e spero che lo sguardo non si rivolga solo a sinistra o a destra (come afferma e crede Pisapia) ma verso i cittadini e le loro necessità sfatando così populismi e astensionismo.