Assegnazione a mansioni superiori nel settore pubblico e nel settore privato

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In caso di assegnazione a mansioni superiori rispetto a quelle contrattualmente assegnate e cioè quando il datore di lavoro richiede al dipendente di svolgere, in via esclusiva o prevalente e in misura  non temporanea, mansioni “superiori”, cioè attività appartenenti ad un livello di inquadramento più elevato rispetto a quelle per le quali il lavoratore è stato assunto, il lavoratore ha diritto ad una promozione che lo porti ad appartenere al nuovo quadro di riferimento con un conseguente aumento salariale.

Qualora questi diritti non dovessero essere riconosciuti, è lecito ricorrere per vie legali, intraprendendo una causa contro l’azienda per ottenere il riconoscimento della qualifica superiore e il relativo aumento retributivo.

Tuttavia, affinché, i richiamati diritti previsti in favore del lavoratore sussistano è necessario che:

  • le mansioni superiori siano state svolte in via continuativa e prevalente rispetto alle altre svolte dal lavoratore. Il loro svolgimento, pertanto, non deve essere sporadico ovvero marginale, ma deve integrare un’assegnazione continua e duratura;
  • l’attribuzione a mansioni superiori non sia stata disposta per sostituire un altro lavoratore con diritto alla conservazione del posto di lavoro (ad es. per malattia);
  • l’assegnazione a mansioni superiori si sia protratta per il periodo minimo indicato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicabile, di sei mesi continuativi.

Occorre chiarire però la differenza tra il concetto di assegnazione a mansioni superiori e quello di sovramansionamento: benché quest’ultimo preveda ugualmente l’assegnazione di mansioni superiori, tuttavia prende in considerazione unicamente persone non laureate e che quindi si trovano a svolgere attività altamente qualificate senza la laurea.

Il sovramansionamento non dà alcun diritto al lavoratore a vedersi riconosciuta definitivamente la mansione superiore per la quale è stato adibito, ma casomai il lavoratore potrà ottenere una maggiore retribuzione per il periodo di tempo in cui ha svolto tali mansioni.

Nel settore pubblico, a differenza di quello privato, se il dipendente svolge delle mansioni superiori, tale esercizio non fa sorgere il diritto alla promozione automatica ma solamente alla retribuzione corrispondente.

Questo avviene perché la Costituzione Italiana impone il pubblico concorso per tutti gli avanzamenti di carriera nel pubblico impiego (articolo 97, IV comma).

Bisogna, inoltre, prestare attenzione alla prescrizione di questo diritto che è differente in base ai casi:

  • si prescrivono in 5 anni tutti i crediti di carattere retributivo caratterizzati da periodicità (stipendio mensile) e le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro ex art. 2948 c.c.;
  • si prescrivono in 10 anni i diritti relativi al passaggio di qualifica, le erogazioni una tantum, le indennità per ferie o permessi non goduti, il risarcimento del danno per omesso versamento contributivo.
  • Opera poi la prescrizione presuntiva di 1 anno per le retribuzioni pagate con cadenza non superiore al mese e di 3 anni per le retribuzioni pagate con cadenza superiore al mese.

Il decorso del termine di prescrizione dei diritti retributivi parte dalla cessazione del rapporto di lavoro, come chiarito anche dalla Corte di Cassazione (sent. n. 26246/2022).

Per maggiori informazioni su questo tema e per ricevere una consulenza legale contatta lo Studio Legale Fiumarella.