Come i coniugi si riconciliano dopo o durante la separazione

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I coniugi che dopo la separazione capiscono di aver sbagliato e ritornando sui loro passi decidono di tornare a vivere insieme ed essere nuovamente una coppia lo possono fare, anzi questo ritrovarsi è il primo passo verso la riconciliazione.

Difatti con l’effettivo ripristino della vita coniugale mediante la ripresa dei rapporti materiali e spirituali che caratterizzano il consorzio familiare rappresenta l’esempio lampante di una riconciliazione.

Da un punto di vista procedurale, invece, la principale conseguenza della riconciliazione è l’abbandono della domanda di separazione personale qualora ancora non sia stata pronunciata sentenza di separazione giudiziale o omologata quella consensuale.

Difatti l’art. 154 del codice civile dispone: “La riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta”.

L’abbandono di suddetta domanda non implica l’estinzione del diritto di richiederla anche successivamente alla riconciliazione.

Se invece è già stata pronunciata sentenza di separazione giudiziale, o omologata quella consensuale, vengono a cessarne gli effetti: in tal caso, la separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.

Con la riconciliazione si ha il ripristino dei doveri coniugali, sia di natura personale (art. 143, comma II, c.c.), tra cui la presunzione di concepimento in costanza di matrimonio, che patrimoniali (art. 143, comma III, c.c.).

Consegue che non costituisce riconciliazione la ripresa della convivenza, in via sperimentale e per un breve periodo (per esempio per le vacanze o in conseguenza dello stato di detenzione domiciliare di uno dei coniugi).

Allo stesso modo, l’assistenza prestata attraverso visite giornaliere al coniuge separato bisognoso di cure non comporta la ricostituzione della comunione spirituale e materiale tra i coniugi, intesa – per l’aspetto spirituale – come animus di riservare al coniuge la posizione di esclusivo compagno di vita e di adempiere ai doveri coniugali.

Non rappresenta ripristino della vita coniugale nemmeno una sporadica ripresa dei rapporti sessuali, anche con conseguente nascita di un figlio, né la convivenza dei coniugi nella stessa casa, di proprietà del marito, in camere da letto diverse, trattandosi di circostanze che non dimostrano il consorzio familiare.

Ma cosa serve per la riconciliazione da un punto di vista formale?

Occorre dire in prima battuta che non serve l’intervento del giudice ma sono sufficienti una dichiarazione espressa dei coniugi o un loro comportamento, non equivoco, incompatibile con lo stato di separazione.

La dichiarazione deve possedere requisiti formali atti a renderla in equivoca e verificabile in qualunque momento.

Una pubblicità che può ritenersi idonea a raggiungere lo scopo è senz’altro la sua iscrizione e conservazione tra gli atti dello stato civile, ai sensi dell’art. 63, lett. g) (e 69, lett. f)), D.P.R. 03/11/00, n. 396, secondo cui debbono essere iscritte “le dichiarazioni con le quali i coniugi separati manifestano la loro riconciliazione, ai sensi dell’art. 157, c.c.”.

Pertanto la dichiarazione di riconciliazione deve essere fatta nel Comune dove è avvenuto il matrimonio o in quello in cui è trascritto l’atto di matrimonio.

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Fonte: https://www.studiocataldi.it