Quando un rapporto diventa malato: il danno da gaslighting

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Sei soggetta o soggetto a critiche quotidiane, battutine destabilizzanti, umiliazioni, malumore costante, insoddisfazione perenne dal tuo partner?

Questi sono i tratti tipici del gaslighting, tecnica di manipolazione psicologica da parte del partner da cui scaturisce un abuso risarcibile.

La violenza, infatti, non sempre si manifesta forma fisica. Esistono, infatti, delle lacerazioni dell’animo, delle vessazioni psicologiche che giorno per giorno sembrano quasi rientrare nella quotidianità della vittima in quanto non percepite come abuso nel momento della loro manifestazione.

La vittima di tali tecniche manipolative arriva a sentirsi persino in colpa: la crudeltà a cui viene sottoposta, è interpretata come “normale” conseguenza delle proprie inettitudini.

Il tratto tipico di chi subisce crudeltà mentale da parte del proprio partner è uno stato di totale confusione sul piano emotivo e una sorta di assuefazione che impediscono di percepire quanto subito come sbagliato.

Il manipolatore, noto come “narcisista perverso” è una persona dall’acuta cattiveria che impone un amore finto, malsano che imprigiona il partner in una relazione tossica e anaffettiva.

La richiesta di aiuto da parte del soggetto manipolato tarda ad arrivare poiché, nella perversa trama di quel “malato” legame affettivo, si crea una quasi totale dipendenza a cui si accompagna un’irrazionale idealizzazione del partner.

Nell’ottica dei danni alla persona l’abuso psicologico del gaslighting rientra nel novero dei danni non patrimoniali (art. 2059 c.c.) ed in particolar modo nell’ottica della tutela risarcitoria fondata sul gravissimo oltraggio alla sfera personale, relazionale ed emotiva.

Nella valutazione del danno alla persona vittima di crudeltà mentale si considerano quegli eventi che generano traumi di tipo psichico ed esistenziale. Tali traumi comportano disequilibri e chiusura emotiva nonché disturbi della personalità e difficoltà nei rapporti interpersonali.

Sul piano della tutela penale il legislatore, ad oggi, non ha inquadrato il fenomeno del gaslighting in un’autonoma e tipica fattispecie di reato.

Ciò non toglie che le anzidette condotte abusanti possano essere ricomprese in figure di reato quali ad esempio “atti persecutori” di cui all’art. 612 bis c.p. o “maltrattamenti in famiglia” di cui all’art. 572 c.p..

Per quanto attiene gli atti persecutori, meglio noti come stalking, è possibile affermare che l’infida tecnica della manipolazione mentale possa costituirne il preambolo o essere legata a tali condotte illecite.

Occorrerà dimostrare, nel caso concreto, l’idoneità degli atti lesivi reiterati finalizzati a compromettere la salute psicologica della vittima con gravi conseguenze pregiudizievoli sull’ equilibrio psicofisico e relazionale della stessa.

Sul concetto di maltrattamenti in famiglia la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che “Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato dalla condotta dell’agente che sottopone la moglie e i familiari ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionare sofferenza, prevaricazione ed umiliazioni, in quanto costituenti fonti di uno stato di disagio continuo ed incompatibile con le normali condizioni di esistenza.

Rilevano infatti, entro tale prospettiva, non soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce, le privazioni ed umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa arrecati alla sua dignità, che si risolvano nell’inflizione di vere e proprie sofferenze morali” (Cass. Pen., Sez. VI, sentenza n.4849, 02 febbraio 2015).

Questi i tratti giuridici di un fenomeno ancora a spesso sommerso ma purtroppo molto diffuso e che, a causa della sudditanza psicologica, porta la vittima a soffrire in silenzio rendendola incapace di contrastare le dinamiche abusanti della propria relazione.

(Fonte https://www.studiocataldi.it)